“L’Indo-Pacifico non è pacifico” é o tema de capa da nova edição da Limes revista italiana de geopolítica.
Tema tratado com a seriedade e profundidade habituais da Limes e ilustrado com a magistral grafia dos mapas preparados pela nossa amiga Laura Canali.
“Per primeggiare nel mondo la Cina deve strappare il Mediterraneo Asiatico agli Stati Uniti. Crocevia insulare fra Indiano e Pacifico, centrato su Mar del Giappone, Giallo, Cinese Orientale e Meridionale. Teatro strategico concepito dal geopolitico americano Nicholas J. Spykman a seconda guerra mondiale avviata. Forse è questo l’unico dogma su cui Washington e Pechino concordano. Tale dubitabile principio muove oggi detentore e sfidante nella partita per l’egemonia globale.
È dall’acqua che da sempre secondo gli americani, da pochi anni per i cinesi si controlla la terra. I primi ragionano in termini di Oceano Mondo, imperniato sul Pacifico Occidentale, retto via strapotenza aeronavale. I secondi, affacciati sugli stretti mari interni che ne vincolano l’accesso alle acque oceaniche e ne ottundono i già miti talenti marinareschi, puntano sui marginal seas estremorientali cui Spykman assegnava valore supremo. Washington vuole che il Mediterraneo Asiatico resti vasca da bagno per i rari cinesi non idrofobi, con la Settima Flotta a gestire ed eventualmente chiudere i colli di bottiglia da cui transita il grosso del commercio da e verso il rivale. Pechino è invece decisa a farne il trampolino da cui balzare incontro al blu profondo. Connettore col resto del pianeta. Mare Sinicum, segno della fine del predominio a stelle e strisce, emblema del proprio trionfo.
La parola è marchio della potenza. Comandare significa dare nome alle cose. Nel caso, alle acque e alle isole che le punteggiano. Prima ancora, all’insieme strategico entro cui s’inquadrano. Due slogan speculari indicano il medesimo spazio secondo Numero Uno e Numero Due: vie marittime della seta, cifra della Belt and Road Initiative (Bri) nella versione omologata dal mandarinato rosso; Indo-Pacifico, sigla d’adozione americana. Sinonimi. Crasi oceanica. A demarcare il campo della sfida, con quattro possibili inneschi bellici: Mar Cinese Meridionale, Taiwan, Mar Cinese Orientale e Penisola Coreana.
Indo-Pacifico è sigla dai molti progenitori. Originata nel 1852 dall’avvocato scozzese James Richardson Logan, direttore della malese Penang Gazette e autore dell’Ethnology of the Indo-Pacific Islands, poi semisepolta per un secolo e mezzo, verrà riscoperta a fini strategici e rivenduta agli indiani in funzione anticinese dal premier giapponese Abe Shinzō, nel 2007. Più che a Logan, Abe s’ispirava a un terzo sinonimo caro ai suoi ascendenti, oggi scomunicato ma tutt’altro che cancellato dalle carte mentali nipponiche: la Sfera di Coprosperità della Grande Asia Orientale, pan-regione dell’Impero del Sol Levante.
L’Indo-Pacifico attuale altro non è che il tentativo americano di scompaginare il disegno delle nuove vie della seta. Per colpire e affondare le smisurate ambizioni cinesi, virando l’Impero del Centro (Zhongguo) in Periferia dell’Asia. Meglio, ritagliando dalla Grande Cina che Xi Jinping vorrebbe egemone nel 2049 coriandoli di Piccole Cine, neutralizzate, imbelli o spartite tra vicini. Tornando alla prima metà del secolo scorso, se non a quella del primo millennio avanti Cristo, quando Zhongguo stava per Stati Centrali intorno al Fiume Giallo, in ossequio alla regola che nella lingua cinese non distingue formalmente il singolare dal plurale.
Reso omaggio al fascino dei marchi di successo, l’analisi geopolitica obbliga a scavarvi dentro. Delimitiamo i perimetri della sfida, carte alla mano.”
Exclusivo Tornado / IntelNomics
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